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Un dialogo su Betlemme per guardare oltre le cronache e costruire pace

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di Redazione

20/11/2025

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Nella sala del Polo culturale “Cultures and Mission”, ieri sera si è creato uno spazio di ascolto raro, in cui la complessità di Betlemme è stata raccontata senza semplificazioni, lasciando affiorare storie, preoccupazioni e interrogativi che spesso restano fuori dal racconto mediatico. Un incontro voluto per sottrarre la città palestinese a una narrazione frettolosa, restituendole voce attraverso l’esperienza diretta di chi la vive ogni giorno: Nizar Lama, guida turistica in arrivo da Betlemme, e la giornalista Federica Bello.

A rappresentare Torino è intervenuto il consigliere Vincenzo Camarda, delegato dal sindaco Stefano Lo Russo, che ha accolto l’invito con un coinvolgimento personale evidente.

Una città che sceglie la pace come impegno politico e civile

Camarda ha ricordato come, l’11 marzo 2024, il Consiglio comunale abbia approvato una mozione da lui promossa per dichiarare Torino “Città della Pace”. Una decisione che non si limita a un titolo simbolico, ma che nasce dal bisogno di riconoscere e coordinare un tessuto cittadino dove associazioni, gruppi, comunità religiose e realtà culturali lavorano da anni sul terreno della nonviolenza.

Secondo il consigliere, la città è chiamata a fare un passo ulteriore: mettere in rete queste energie, sostenerle e valorizzarle, affinché Torino diventi un laboratorio permanente di convivenza. In questo percorso rientrano anche momenti di forte valore simbolico, come l’arrivo alla stazione di Porta Susa della Luce della Pace da Betlemme, accolta ogni anno da centinaia di giovani. Un gesto che, pur nella sua semplicità, unisce mondi lontani e ricorda quanto fragile e preziosa sia la pace.

Il patto con Betlemme e la responsabilità della ricostruzione

Il dialogo tra Torino e Betlemme, ha aggiunto Camarda, non è limitato ai documenti amministrativi. Vive negli scambi culturali, negli eventi condivisi e nelle iniziative che cercano di costruire un immaginario diverso, capace di resistere al clima di tensione che attraversa la Palestina. L’obiettivo è accompagnare, con strumenti civili, un percorso di riconoscimento reciproco e di cura delle comunità.

Nelle parole del consigliere emerge la consapevolezza che la pace non è solo la fine dei conflitti armati, ma un’opera lenta che richiede presenza, continuità e la costruzione di un’identità collettiva nuova. «La sfida più grande – ha ricordato – è ricostruire dopo il conflitto un senso di appartenenza forte e condiviso».

Un impegno che Torino, con orgoglio ma senza retorica, sembra voler assumere insieme alla sua città gemella.

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