Reflusso gastroesofageo: comprendere davvero cosa accade nel corpo, come nasce il bruciore e quali equilibri si alterano
di Redazione
13/11/2025
Quando si parla di reflusso gastroesofageo, si pensa immediatamente al bruciore che risale verso la gola o alla sensazione di acido che compare dopo aver mangiato, ma ciò che accade realmente dentro il corpo è più complesso e coinvolge meccanismi che operano in equilibrio costante. Il reflusso non è un semplice disturbo passeggero: è il risultato di un dialogo alterato tra stomaco ed esofago, un dialogo che in condizioni normali avviene in silenzio, senza che ce ne accorgiamo.
Il primo elemento da comprendere è il ruolo della valvola che separa lo stomaco dall’esofago, un anello muscolare chiamato sfintere esofageo inferiore. In una situazione ideale, questa valvola si apre solo per permettere al cibo di passare nello stomaco e si richiude subito dopo, impedendo ai succhi gastrici di risalire. Quando la chiusura non è abbastanza efficace, l’acido contenuto nello stomaco può risalire verso l’esofago, irritandone la mucosa e provocando quella sensazione di bruciore che caratterizza il reflusso. Il problema non è la produzione di acido in sé, ma il fatto che raggiunge zone che non sono progettate per sopportarlo.
Il reflusso si manifesta con intensità e frequenza diverse da persona a persona. Per alcuni è un fastidio sporadico, legato a pasti abbondanti o a cibi particolarmente irritanti; per altri assume una forma più persistente, che rende difficile mangiare, dormire o svolgere attività quotidiane. Il bruciore retrosternale, cioè dietro lo sterno, è il sintomo più riconoscibile, ma non l’unico: molte persone raccontano di avere un nodo in gola, una tosse secca che compare soprattutto di notte, un sapore amaro al risveglio o una voce più rauca al mattino.
Il legame tra reflusso e postura è molto più forte di quanto si pensi. Quando ci si sdraia subito dopo aver mangiato, lo stomaco si trova in una posizione che facilita la risalita degli acidi, e la gravità non aiuta a mantenerli al loro posto. Anche chi trascorre molte ore piegato in avanti, magari per lavoro, può notare un peggioramento dei sintomi, proprio perché la pressione sull’addome modifica il comportamento dello sfintere esofageo.
Un’altra dinamica fondamentale riguarda la qualità della digestione. Quando lo stomaco impiega più tempo a svuotarsi – condizione nota come rallentato svuotamento gastrico – i succhi acidi restano più a lungo in contatto con la valvola e aumentano la probabilità che risalgano. È un fenomeno frequente dopo pasti molto ricchi di grassi, perché i grassi rallentano fisiologicamente il ritmo digestivo. Per molte persone, il reflusso non nasce da un eccesso di acido, ma da un rallentamento del processo digestivo.
Il cibo ha un ruolo determinante, ma non nel senso restrittivo suggerito da alcune liste molto rigide. Gli alimenti che possono peggiorare il reflusso nella maggior parte dei casi sono quelli che rilassano la valvola esofagea o che aumentano la produzione di acido, ma la sensibilità individuale varia molto. Ci sono persone che reagiscono in modo evidente al pomodoro o agli agrumi, altre che non manifestano alcun disturbo. Lo stesso vale per caffè, cioccolato, alcol e menta: sono tutti potenziali irritanti, ma la loro influenza dipende dalla soglia di tolleranza di ciascun corpo.
Lo stress, spesso trascurato, può amplificare il reflusso in modo significativo. Non perché lo stress “crei” acido, ma perché altera la motilità gastrica, irrigidisce i diaframmi muscolari e modifica il respiro. In molte persone, i momenti di tensione aumentano la percezione del bruciore, rendendo il disturbo più invadente. Una respirazione corta, diaframmatica, peggiora ulteriormente la situazione, mentre tecniche di respirazione più lenta e ampia tendono a ridurre gli episodi.
Il reflusso gastroesofageo può manifestarsi anche con sintomi che non sembrano legati allo stomaco. La tosse cronica, ad esempio, è una delle conseguenze più frequenti: l’acido che raggiunge la gola irrita le mucose e stimola una tosse persistente che peggiora la notte. Anche un’infiammazione delle corde vocali, con voce roca o affaticata, può essere collegata al reflusso, così come un’eccessiva produzione di muco nella gola.
Una caratteristica che colpisce molte persone è la sua imprevedibilità. Per giorni sembra sparire, poi riappare all’improvviso, magari dopo una serata più abbondante o dopo un periodo di stress intenso. Il reflusso è un disturbo sensibile al contesto: cambia con il ritmo della vita, con il modo in cui si mangia, con la qualità del sonno e persino con la quantità di acqua che si beve.
Nonostante il fastidio, il reflusso non indica necessariamente una malattia grave. È un disturbo molto comune, e spesso il corpo riesce a ritrovare un equilibrio con piccoli accorgimenti. Mangiare lentamente, ridurre le porzioni, evitare di sdraiarsi subito dopo i pasti e preferire pasti più leggeri la sera sono strategie di base che possono già cambiare molto nell’arco di pochi giorni. Anche alzare leggermente la testata del letto può ridurre gli episodi notturni, perché sfrutta la gravità per impedire la risalita degli acidi.
Quando il reflusso diventa più frequente, però, la mucosa dell’esofago può irritarsi e diventare più sensibile. È in questa fase che il disturbo rischia di cronicizzarsi, trasformandosi in qualcosa che richiede una maggiore attenzione. Le persone che convivono con reflusso persistente raccontano spesso una sensazione di “gola sporca” o di continua necessità di schiarire la voce, sintomi che indicano un’infiammazione che non va trascurata.
Per alcuni, il reflusso è strettamente collegato alla respirazione. Un diaframma teso, una postura chiusa o una muscolatura addominale troppo contratta modificano la pressione interna del torace e spingono gli acidi verso l’alto. Migliorare la mobilità del diaframma attraverso esercizi mirati può ridurre notevolmente gli episodi, soprattutto nelle persone che passano molto tempo sedute.
La domanda non è tanto se il reflusso sia grave, quanto se sia compreso. Riconoscere la sua natura significa capire che non si tratta di un disturbo casuale, ma di una risposta del corpo a una serie di condizioni sfavorevoli: stile di vita, postura, alimentazione, emozioni. Il reflusso parla il linguaggio degli equilibri interni, e conoscere questo linguaggio permette di gestirlo con maggiore consapevolezza.
Ciò che conta davvero è ascoltare ciò che accade dopo i pasti, osservare quali movimenti peggiorano il fastidio, notare se il dolore compare di notte o durante giornate più stressanti. Ogni dettaglio aiuta a comprendere il proprio corpo e a individuare abitudini che possono fare la differenza.
Il reflusso gastroesofageo non è un segnale da ignorare, ma nemmeno un motivo per allarmarsi. È un disturbo che racconta una storia precisa, fatta di pressioni interne, sensibilità della mucosa, ritmi digestivi e tensioni muscolari. Quando si impara a leggere questa storia, diventa più facile trovare gesti quotidiani che ne attenuano l’impatto e riportano il corpo a un equilibrio più naturale.
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