Negozi di prossimità, gli italiani chiedono quartieri più vivi: cosa racconta davvero l’indagine Confcommercio–SWG
di Redazione
24/11/2025
L’immagine delle vetrine vuote che si susseguono lungo strade un tempo animate non lascia indifferenti. Per molti cittadini è diventata il simbolo di un impoverimento lento ma costante del tessuto urbano, una perdita che va oltre l’economia e sfiora la qualità stessa dell’abitare. L’indagine realizzata da Confcommercio e SWG, presentata a Bologna durante l’iniziativa “inCittà – Spazi che cambiano, economie urbane che crescono”, restituisce con precisione questa sensazione diffusa e, allo stesso tempo, mette in fila numeri che spiegano perché i negozi di vicinato continuano a essere percepiti come un presidio irrinunciabile.
La prossimità come valore sociale e urbano
Tra le molte indicazioni raccolte, colpisce il fatto che una larga maggioranza degli italiani attribuisca ai negozi di quartiere un ruolo che va ben oltre la funzione commerciale. Per il 64% favoriscono la socialità, per il 62% incidono sulla cura degli spazi pubblici, mentre il 60% li considera un fattore di sicurezza. Una visione che li trasforma in veri e propri tasselli dell’infrastruttura sociale, indispensabili nei quartieri dove il senso di comunità si mantiene attraverso piccole routine quotidiane, dall’acquisto della colazione alla farmacia che conosce i propri clienti.
Questa presenza, quando stabile e diversificata, si riflette anche sul mercato immobiliare. Una casa in una zona ricca di attività commerciali vale mediamente il 23% in più rispetto a un’area con un’offerta standard, mentre la desertificazione commerciale può trascinare verso il basso il valore degli immobili fino al 16%. Le due condizioni, messe a confronto, segnalano un divario potenziale che arriva al 39%, sufficiente a incidere sulle scelte delle famiglie e sulle strategie di investimento.
Le chiusure che pesano e il nuovo equilibrio tra residenti e turisti
Nel frattempo, però, l’indagine evidenzia un altro dato: molti cittadini hanno percepito una diminuzione significativa dei negozi negli ultimi dieci anni. Librerie, negozi di abbigliamento, ferramenta, arredamento e alimentari risultano tra le tipologie colpite più duramente. L’80% degli intervistati dichiara di provare tristezza davanti a vetrine vuote, mentre il 73% associa le chiusure a un peggioramento della qualità della vita.
La ricerca fotografa anche un equilibrio sempre più fragile nelle città a forte vocazione turistica, dove quasi metà dei residenti ritiene eccessiva la presenza di attività legate al food, mentre un 23% segnala la crescita di negozi pensati esclusivamente per i visitatori, spesso con prodotti di scarsa qualità. Un fenomeno che, per il 17%, sta sostituendo botteghe tradizionali con offerte poco identitarie, contribuendo a un senso di spaesamento urbano.
Sul fronte abitativo, gli affitti brevi restano un tema sensibile: il 50% degli intervistati li collega all’aumento dei canoni e il 42% alla riduzione degli alloggi disponibili. Una percezione che pesa soprattutto nelle grandi città, dove le dinamiche del turismo tendono a intersecare quelle della quotidianità dei residenti, non sempre in modo armonico.
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