Le università come infrastrutture sociali: l’APEnet di Napoli apre una nuova fase del Public Engagement
di Redazione
24/11/2025
L’incontro annuale di APEnet, ospitato dall’Università Federico II di Napoli, ha riportato al centro del dibattito una domanda che da anni attraversa il sistema accademico: può un’università esistere senza un rapporto organico con la società che la circonda? La due giorni del 6 e 7 novembre ha mostrato quanto questa domanda non sia più teorica, ma riguardi la ridefinizione stessa della missione pubblica degli atenei.
Il Public Engagement come pilastro e non come aggiunta
La giornata inaugurale ha visto confrontarsi i vertici di CRUI, ANVUR e numerosi rappresentanti del mondo universitario, dando forma a un consenso raro nella frammentazione tipica del settore: il Public Engagement non è una “terza missione”, bensì una funzione costitutiva dell’università contemporanea. Lo ha chiarito con precisione Matteo Lorito, rettore dell’ateneo ospitante, ricordando come il sistema universitario campano generi un impatto economico di oltre due miliardi di euro nella città di Napoli e sottolineando che la misura del valore di un’università non è contenuta solo in indicatori bibliometrici o in nuovi corsi di laurea, ma nella capacità di agire come attore civico.
In questa prospettiva, il presidente di APEnet, Pier Andrea Serra, ha parlato di accountability sociale e di un modello fondato su ascolto, co-creazione e dialogo con le comunità. Non più una divulgazione calata dall’alto, ma processi che mettano ricercatori e cittadini in un’interazione capace di orientare le agende della ricerca. Le parole di Claudio Pettinari, che ha ripercorso l’esperienza drammatica del sisma del 2016, hanno dato concretezza a questa visione, descrivendo un ateneo che diventa luogo di protezione e rigenerazione sociale.
Valutazione, carriere, PNRR: il Public Engagement entra nella governance
L’intervento di Stefano Corgnati, rettore del Politecnico di Torino e delegato CRUI, ha rappresentato il punto di passaggio più rilevante: l'impegno nel Public Engagement potrà essere riconosciuto nei percorsi di carriera. Una richiesta avanzata soprattutto dai giovani ricercatori, che vivono il PE come parte integrante della loro identità accademica. Corgnati ha proposto l’istituzione di un tavolo permanente CRUI-APEnet per costruire criteri, regolamenti e strumenti condivisi, un passo concreto per trasformare il valore simbolico in valore sistemico.
Accanto alla dimensione istituzionale, la rete degli enti pubblici di ricerca ha mostrato come la capillarità sul territorio costituisca un’arma preziosa: laboratori, osservatori e sedi locali rendono possibile un engagement autentico, diretto, radicato nelle comunità.
La seconda giornata ha fornito la prova empirica della complessità di questo processo. I progetti PNRR, raccontati attraverso le esperienze di MUSA, Restart ed EcosistER, hanno mostrato quanto il PE possa incidere concretamente sull’innovazione e, allo stesso tempo, quanto sia fragile quando si scontra con tempi di finanziamento brevi, burocrazie rigide e disallineamenti strutturali. La fiducia costruita nella co-progettazione può incrinarsi se le organizzazioni e le comunità percepiscono un’arbitrarietà nei tempi e nelle modalità dei progetti.
La due giorni si è chiusa con una consapevolezza diffusa: per consolidare davvero il Public Engagement occorre trasformarlo in infrastruttura stabile di governance, dotata di criteri, ruoli e riconoscimenti adeguati. Un percorso che APEnet e CRUI hanno scelto di intraprendere insieme.
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