I ghiacciai come sentinelle dei vulcani: la ricerca di UniTo apre nuove prospettive
di Redazione
09/09/2025
Un team di scienziati dell’Università di Torino, coordinato dal professor Matteo Spagnolo del Dipartimento di Scienze della Terra, ha pubblicato su Nature Communications uno studio che potrebbe cambiare il modo in cui vengono monitorati i vulcani ricoperti da ghiacciai. L’analisi dimostra come i mutamenti dei ghiacciai non siano soltanto conseguenze indirette dell’attività vulcanica, ma possano diventare indicatori preziosi di eruzioni imminenti, ampliando gli strumenti a disposizione della comunità scientifica.
Il legame tra ghiaccio, calore e magma
La ricerca ha preso in esame un campione globale di 307 vulcani attivi e oltre 40.000 ghiacciai presenti sulle loro sommità o nelle vicinanze. I dati mostrano un fenomeno ricorrente: nell’80% dei casi, i ghiacciai situati direttamente sopra gli edifici vulcanici risultano posizionati a quote più elevate rispetto a quelli circostanti. Una differenza spiegata dal calore sprigionato dalle camere magmatiche e dai gas vulcanici, che accelera lo scioglimento delle masse glaciali costringendole a ritirarsi verso altitudini maggiori. Il professor Spagnolo sottolinea come la progressiva riduzione della quota media dei ghiacciai possa diventare un indicatore complementare rispetto ad altri precursori già osservati, come le deformazioni del suolo o le variazioni nelle emissioni gassose. Integrare l’osservazione dei ghiacci nei sistemi di sorveglianza significherebbe disporre di un parametro aggiuntivo, utile soprattutto nei contesti più remoti e difficilmente accessibili.Rischi e applicazioni in aree vulcaniche glaciali
Circa un quinto dei vulcani del pianeta è parzialmente coperto da ghiacciai, e le eruzioni in questi contesti hanno storicamente prodotto effetti devastanti. Emblematico il caso del Nevado del Ruiz, in Colombia, nel 1985: l’improvviso scioglimento dei ghiacci scatenò una colata di fango che travolse interi villaggi causando oltre 25.000 vittime. Episodi come questo dimostrano come la relazione tra ghiaccio e magma non sia un dettaglio marginale, ma un elemento centrale nella valutazione dei rischi naturali. Attraverso l’uso di banche dati internazionali e di metodologie comparative, il gruppo torinese è riuscito a isolare l’influenza vulcanica da quella climatica, concentrandosi su aree entro 40 chilometri dai vulcani. Questo approccio ha permesso di dimostrare con chiarezza che le anomalie osservate sono direttamente collegate all’attività sotterranea e non a semplici variazioni del clima locale. Il risultato dello studio apre la possibilità di sviluppare nuovi sistemi di monitoraggio basati anche sul comportamento dei ghiacciai, contribuendo non solo ad arricchire la conoscenza scientifica, ma soprattutto a migliorare la prevenzione in aree densamente popolate e vulnerabili agli effetti delle eruzioni.Articolo Precedente
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