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Franco Reviglio, il ministro che cambiò il rapporto degli italiani con il fisco

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di Redazione

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A quarantasei anni dalla sua prima nomina a Ministro delle Finanze, la figura di Franco Reviglio resta una delle più autorevoli e originali della storia economica italiana. Uomo di pensiero e di azione, accademico e servitore dello Stato, ha attraversato mezzo secolo di politica, impresa e università con un tratto distintivo: quello di un riformatore che ha unito la visione tecnica alla responsabilità civile.


Il padre dello scontrino fiscale e la riforma del fisco moderno

Quando, nell’agosto del 1979, Reviglio entra nel primo Governo Cossiga, ha appena 44 anni e una chiara idea di ciò che la macchina pubblica dovrebbe diventare: più trasparente, più giusta, più efficiente. Da Ministro delle Finanze introduce una serie di innovazioni che ancora oggi rappresentano la base del sistema fiscale italiano.
È il promotore della ricevuta fiscale per alberghi e ristoranti, che nel 1983 si estenderà a tutte le attività commerciali; istituisce i centri di servizio, migliora i criteri di sorteggio dei contribuenti per gli accertamenti, crea il Servizio Centrale degli Ispettori Tributari (SECIT) e propone il disegno di legge noto come “manette agli evasori”, poi approvato nel 1982.

Celebri restano i “libri rossi” del 1980, con gli elenchi dei grandi evasori pubblicati per stimolare una riflessione collettiva sul dovere fiscale. A lui si devono anche le prime commissioni di studio sull’imposizione patrimoniale e sui Monopoli di Stato, embrioni dei futuri “libri bianchi” sul fisco.


Tra ENI, università e servizio pubblico

Concluso il suo incarico al Ministero, Reviglio assume la guida dell’ENI, in un periodo di forte crisi industriale. Dal 1983 al 1989 risana l’azienda, la rende autonoma dai trasferimenti pubblici e la riporta a una gestione industriale moderna. Nel 1992 torna al governo come Ministro del Bilancio nel primo esecutivo Amato, in un passaggio storico segnato da scelte impopolari ma necessarie per la stabilità finanziaria del Paese.

Parallelamente, la sua lunga carriera accademica all’Università di Torino lo consacra come uno dei più influenti studiosi di Scienza delle Finanze. Professore ordinario dal 1971, poi emerito, Reviglio ha formato generazioni di economisti e funzionari pubblici, coniugando rigore analitico e sensibilità istituzionale. Nei suoi corsi — e nei suoi libri, da Lo Stato imperfetto a Meno Stato e più mercato — emerge l’idea di un equilibrio dinamico tra pubblico e privato, dove l’efficienza non può mai prescindere dall’etica.

Negli anni ’90 dirige il Dipartimento “G. Prato” e presiede l’AEM Torino, traghettandola verso la futura IREN e la quotazione in borsa. Un tecnico, un intellettuale, ma soprattutto un uomo di Stato, capace di restare coerente al suo ideale di servizio.

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