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Economia europea tra protezionismo e invecchiamento: l’Italia di fronte alla doppia transizione

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di Redazione

12/11/2025

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Dazi, euro forte e crescita debole: l’industria europea perde slancio

Dopo la pandemia e la crisi energetica, la ripresa mondiale procede con un passo più lento e incerto. Gli ultimi dati dell’Ufficio parlamentare di bilancio confermano che i nuovi dazi statunitensi e l’apprezzamento dell’euro, cresciuto del 13% sul dollaro dall’inizio dell’anno, stanno erodendo la competitività delle esportazioni europee, comprimendo i margini industriali. In Italia, l’effetto si manifesta con una contrazione del PIL dello 0,1% nel secondo trimestre, la prima dopo quasi tre anni, e una prospettiva di stagnazione anche nel terzo, secondo i modelli previsionali dell’UPB.

A livello continentale, la fotografia è ambivalente. I dati PMI Flash HCOB registrano ad ottobre un aumento dei nuovi ordini, il più sostenuto da oltre due anni, ma la ripresa resta fragile e disomogenea. L’indagine BCE sulle condizioni di credito segnala inoltre un inasprimento dei prestiti alle imprese, mentre la riduzione del deficit medio dell’eurozona al 3,1% del PIL (dati Eurostat) lascia margini fiscali esigui in caso di nuove turbolenze.

Un ulteriore elemento di vulnerabilità riguarda la transizione ambientale. L’estensione dell’Ets2, il sistema europeo di scambio delle emissioni che dal 2027 includerà il trasporto stradale, potrebbe far aumentare il prezzo del gasolio del 20%, generando per l’Italia un gettito stimato tra i 2 e i 3 miliardi di euro ma pesando sui costi logistici e sulla competitività dell’industria.

Italia: demografia in caduta e digitalizzazione a metà

Se l’Europa si muove su un crinale incerto, l’Italia affronta fragilità strutturali più profonde.
Il declino demografico è ormai sistemico: secondo l’Istat, nel 2024 le nascite sono scese a 369.944, con un tasso di fecondità di 1,18 figli per donna, che potrebbe toccare 1,13 nel 2025. Le proiezioni al 2050 stimano un forte calo della popolazione in età lavorativa, con effetti diretti su produttività, pensioni e sostenibilità del welfare.

Parallelamente, l’imprenditorialità giovanile continua a ridursi. L’Ufficio Studi Confcommercio segnala la scomparsa di 200.000 imprese under 35 in tredici anni, un calo del 30,6% che penalizza in modo particolare il Mezzogiorno. Il mancato ricambio generazionale avrebbe sottratto al Paese fino a 65 miliardi di PIL potenziale, un dato che fotografa la perdita di dinamismo dell’economia italiana.

Anche la trasformazione digitale procede con lentezza. Solo il 58% delle imprese italiane è definibile “digitalmente esperto”, secondo Unioncamere, eppure quelle che hanno investito in innovazione mostrano una produttività superiore del 12% e una propensione all’export del 67% maggiore rispetto alle altre.

La traiettoria italiana appare così sospesa tra stagnazione demografica e transizione digitale incompiuta, in un contesto internazionale segnato dal ritorno del protezionismo e da nuovi equilibri economici globali ancora in costruzione.

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