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Dal restauro alla cura programmata: il caso dell’Abbazia di Novalesa

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di Redazione

24/09/2025

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Una giornata di studio e confronto a Torino

Giovedì 25 settembre 2025, alle 10, la sede della Città metropolitana di Torino in corso Inghilterra ospiterà un incontro dedicato agli intonaci dipinti del complesso abbaziale di Novalesa, con particolare attenzione ai risultati raggiunti e alle prospettive di manutenzione programmata. L’iniziativa, dal titolo “Gli intonaci dipinti del complesso abbaziale di Novalesa. Dal restauro alla conservazione preventiva”, rappresenta un momento di restituzione pubblica nell’ambito del progetto PRIMa, sostenuto dalla Fondazione Compagnia di San Paolo.

L’appuntamento riunirà rappresentanti istituzionali, tecnici del settore e la comunità monastica per condividere i traguardi raggiunti, con l’obiettivo di valorizzare un patrimonio che unisce storia, arte e identità locale.

La logica della conservazione preventiva

Il programma PRIMa – acronimo di Prevenzione, Ricerca, Indagine, Manutenzione, Ascolto – nasce con l’intento di superare l’approccio emergenziale che per lungo tempo ha caratterizzato gli interventi sul patrimonio culturale. La filosofia del bando punta a instaurare cicli triennali di manutenzione programmata, capaci di garantire stabilità e continuità agli interventi.

Nel caso di Novalesa, la Città metropolitana, proprietaria dell’Abbazia dei Santi Pietro e Andrea, ha scelto di indirizzare le risorse verso un piano di cura costante, che mette al centro affreschi e murature, accompagnando il restauro tradizionale con indagini scientifiche, monitoraggi ambientali e analisi termografiche.

Un approccio scientifico al servizio della memoria

L’attenzione si è concentrata in particolare sulla Cappella di Sant’Eldrado, dove sono stati effettuati studi approfonditi sugli intonaci dipinti e sulle strutture murarie in relazione al contesto geomorfologico. Questo lavoro di ricerca integrata ha permesso di costruire una strategia che non si limita a intervenire laddove il danno si manifesta, ma mira a prevenirne le cause, salvaguardando così l’integrità artistica e architettonica di uno dei complessi più preziosi della Valle di Susa.

Un modello che, se consolidato, potrebbe diventare riferimento per altri siti storici italiani, aprendo la strada a un nuovo modo di pensare la tutela del patrimonio.

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