Caporalato, lo sfruttamento che cambia volto: proposte e allarmi dal Piemonte
di Redazione
07/10/2025
La Commissione Legalità del Consiglio regionale, presieduta da Domenico Rossi, ha dedicato due audizioni al caporalato e allo sfruttamento lavorativo, mettendo sul tavolo analisi e proposte che toccano agricoltura, logistica, edilizia, turismo e assistenza domiciliare. Il quadro che emerge è articolato, con nodi strutturali che travalicano i confini settoriali: catene di appalti e subappalti opache, cooperative spurie, intermediazioni illecite, precarietà abitativa per i stagionali. Dalle organizzazioni sindacali è arrivata una richiesta netta: trasformare progetti episodici in politiche stabili, misurabili e coordinate.
Appalti, controlli, alloggi: cosa chiedono i sindacati
Anna Maria Poggio e Denis Vair (Cgil) hanno ricordato che lo sfruttamento non è un fenomeno confinato ai campi: laddove proliferano subappalti senza regole stringenti, avanzano intermediazione illecita e caporalato. Sul tavolo, priorità concrete: più ispezioni sul rispetto dei contratti, un ruolo pubblico rafforzato dei centri per l’impiego, vigilanza sulle cooperative spurie e soluzioni abitative dignitose per i lavoratori stagionali. Cristina Maccari ed Ennio Capacchione (Cisl) hanno valorizzato le esperienze già in atto nelle province agricole, ma segnalano il tallone d’Achille: assenza di continuità e programmazione, con interventi spesso legati a singoli bandi. Da qui la proposta di osservatori territoriali più forti, un’attività ispettiva più efficiente e una spinta sulla formazione linguistica per i lavoratori migranti, condizione per conoscere i diritti e sottrarsi al ricatto.
Per la Uil, con Francesco Lo Grasso, Domenico Cutrì, Alberto Battaglino e Giancarlo Anselmi, il contrasto passa da tre assi: alloggi dignitosi, formazione linguistica e controlli mirati in campagna. La legge 199/2016 viene definita poco applicata; nelle aree più esposte, come Asti e Alessandria, persistono reclutamenti informali e sistemazioni inadeguate. La proposta: censire le aziende che non assumono regolarmente e legare il concetto di qualità del prodotto alla qualità del lavoro.
“Schiavitù” contemporanee e agromafie: i numeri di Omizzolo
Nel secondo incontro, il sociologo Marco Omizzolo ha rilanciato un allarme che non può essere archiviato: “In Italia circa 240mila persone vivono in condizioni di schiavitù, 100mila in più rispetto a dieci anni fa”. La descrizione dei turni fino a 14-15 ore, paghe sotto i minimi, diritti negati e controllo dei caporali restituisce la densità del fenomeno, che colpisce italiani e stranieri, con particolare vulnerabilità dei migranti indebitati all’origine. Omizzolo ha ribadito che “chi governa la produzione del cibo governa la vita” e che le agromafie muovono un giro d’affari stimato in oltre 25 miliardi l’anno. Da qui la richiesta di attuazione omogenea della legge 199/2016 e della Rete del lavoro agricolo di qualità, per garantire diritti e giustizia sociale nelle filiere.
La discussione, arricchita dagli interventi dei consiglieri Fabio Isnardi (Pd), Gianna Gancia (Lega), Giulia Marro (Avs), Davide Zappalà (Fdi) e Monica Canalis (Pd), ha messo a fuoco un assunto condiviso: senza un salto di scala—da progetti a politiche strutturali—le sacche di sfruttamento continueranno a rigenerarsi. Il presidente Rossi ha sintetizzato l’indirizzo: “Eliminare anche le condizioni normative che alimentano lo sfruttamento e rendere permanenti gli strumenti di prevenzione e controllo”.
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